Di Richard Dawkins
Dal primo capitolo di L'arcobaleno della vita di Richard Dawkins, Mondadori, 2002
Siamo destinati a morire, ed è una gran fortuna. La maggior parte della gente, infatti, non è destinata a morire perché non è destinata neppure a nascere. Gli individui che avrebbero potuto trovarsi qui al mio posto, ma che di fatto non vedranno mai la luce del giorno, sono assai più numerosi dei granelli di sabbia dell'Arabia.
Senza dubbio tra quelle larve mai venute al mondo vi sarebbero stati poeti più grandi di Keats e scienziati più grandi di Newton, perché il numero di individui cui il Dna concederebbe potenzialmente di esistere supera di molto il numero di individui realmente nati. Nonostante circostanze così incredibilmente avverse, voi e io, nella nostra ordinarietà, siamo qui.
Moralisti e teologi attribuiscono grande importanza all'istante del concepimento, nel quale sono convinti che cominci a vivere l'anima. Anche chi, come me, non condivide tale visione, non può non considerare il momento che precede di nove mesi la sua nascita cruciale per il destino personale. In quell'istante l'io cosciente diventò di colpo trilioni di volte più prevedibile di quanto non fosse stato un secondo prima. Certo, l'io embrionale che iniziò a esistere doveva ancora superare innumerevoli ostacoli: la maggior parte dei prodotti del concepimento si risolve in un aborto precoce prima ancora che la madre ne sappia nulla, ed è una vera fortuna, per noi, non aver fatto la stessa fine. Inoltre, come dimostrano i gemelli monozigotici (che si separano dopo la fecondazione), l'identità personale è qualcosa di più dei meri geni. Tuttavia il momento in cui un particolare spermatozoo penetrò in una particolare cellula uovo rappresenta, per ciascuno di noi e per il nostro senno del poi privato, un momento singolare e irripetibile. Fu allora che le probabilità di diventare un individuo divennero, da infinitesime, discrete.
La lotteria inizia prima del concepimento. I nostri genitori hanno dovuto anzitutto conoscersi, e anch'essi sono il frutto di una difficile combinazione di spermatozoi e cellule uovo; lo stesso fenomeno improbabile, poi, ha dato luogo ai nostri quattro nonni, ai nostri otto bisnonni e via via agli altri antenati, fino a un passato così lontano che la nostra mente non è più in grado di seguire il conto. Desmond Morris incomincia La mia vita con gli animali (1979), la sua autobiografia, con uno di quei suoi incipit così efficaci.
"Tutto cominciò con Napoleone. Se non fosse stato per lui ora non me ne starei qui a scrivere queste parole perché fu una delle palle da cannone sparate nella guerra di Spagna che troncò un braccio al mio bis-bisnonno, James Morris, alterando l'intero corso della storia della mia famiglia."Il mutamento forzato di carriera del trisavolo ebbe vari effetti favorevoli alla nascita di Desmond, culminanti nell'interesse dell’avo per la storia naturale. Ma non c'era bisogno di scomodare l'antenato e di presentare l'ipotesi come “probabile”: in realtà, è evidente che Morris doveva la propria esistenza a Napoleone, come gliela dobbiamo tutti noi. Non occorreva che Napoleone staccasse un braccio al trisavolo James perché il destino del giovane Desmond, nonché il vostro e il mio, fosse segnato. Sarebbe bastato uno starnuto non dico di Napoleone, ma solo del più umile contadino del medioevo per agire su qualcosa che avrebbe agito su qualcos’altro che avrebbe agito su qualcos'altro ancora, in una lunga reazione a catena alla fine della quale uno dei nostri potenziali antenati, anziché diventare il nostro antenato, diventava qualcun altro. Non sto parlando di due teorie alla moda come quella del caos o quella della complessità, ma solo delle normali statistiche riguardanti il rapporto causa-effetto. Pensare a quanto sia esile il filo degli eventi storici cui è appesa la nostra esistenza fa vacillare la mente.
IL BAMBINO TRASPARENTE
Una volta, in una città lontana, venne al mondo un bambino trasparente. Attraverso le sue membra si poteva vedere come attraverso l'aria e l'acqua. Era di carne ed ossa e pareva di vetro.COME TROVARE AMICI LEALI E FEDELI
C'era una volta un vecchio saggio. Egli era seduto ai bordi di un'oasi, all'entrata di una città del Medio Oriente.Un giovane si avvicinò e gli domandò:- Non sono mai venuto da queste parti.TIENI APERTA LA FINESTRA
C'era una volta un uomo che aveva sempre il cielo dell'anima coperto di nubi nere.Era incapace di credere alla bontà. Soprattutto non credeva alla bontà e all'amore di Dio."Hai indovinato”
"Io invece non ho la compagnia di Dio. Non riesco a credere che mi ama. Com'è possibile che ami gli uomini uno per uno? Com'è possibile che ami uno come me?""Vedi laggiù il nostro villaggio?" - gli disse il pastore - "Vedi ogni casa? Vedi le finestre di ogni casa?""Vedo tutto questo""Allora non devi disperare. Il sole è uno solo, ma ogni finestra della città, anche la più piccola e la più nascosta, ogni giorno viene baciata dal sole, nell'arco della giornata. Forse tu disperi perché tieni chiusa la tua finestra".LA VOLPE E IL LEONE (Esopo)
IL LUPO NERO E IL LUPO BIANCO
Una vecchia leggenda Cherokee racconta che un giorno il capo di un grande villaggio decise che era arrivato il momento di insegnare al nipote preferito cosa fosse la vita. Lo portò nella foresta e lo fece sedere ai piedi di un grande albero e gli spiegò:- Figlio mio, nella mente e nel cuore di ogni essere umano si combatte una lotta incessante. Anche se io sono vecchio capo, guida della nostra gente, che mi considera saggio, quella lotta avviene anche dentro di me.